Il disagio è prezioso (prof.ssa Miriam)

Per me scrivere qui è stimolante e allo stesso tempo fonte di un leggero senso di inadeguatezza, perché mi piacerebbe tanto riportare che i miei “esperimenti” sul campo progrediscono alla grande con esiti positivi e soddisfacenti... Ma sappiamo tutti che non è e non può essere così, dal momento che qualsiasi cambiamento mettiamo in atto all’interno del nostro gruppo classe o in noi stessi, ci fa affrontare disagi e novità che mettono in gioco le nostre zone di apprendimento o di panico. Allora parlerò di questo: del fatto che sto vivendo il disagio come qualcosa di diverso da tutti i miei anni scolastici precedenti.

Gli anni scorsi, prima dei corsi di MetaDidattica, il disagio in classe era una sconfitta, una frustrazione, un colpo basso che minava ogni mio entusiasmo. 

Le situazioni di disagio più forti, tutt’ora per me, sono quelle forse più al limite, quelle che riescono perfino a perseguitarmi negli incubi notturni, e che qualche volta si manifestano in qualche occasione: 

non ottengo il silenzio;

spiego lezioni preparate con fatica ed entusiasmo ma gli studenti non mi ascoltano;

  • devo alzare la voce per farmi sentire;
  • mi scoraggio e non riesco più a controllare la situazione;
  • mi sento presa in giro dagli studenti;
  • entro in classe come se fosse l’ultimo posto dove vorrei essere su questa terra!

Ci tengo a dire che insegno Arte e Immagine, e questi problemi si pongono in maniera più lieve nelle lezioni frontali. Ma io non faccio lezioni frontali, o ne faccio molto poche, e il mio campo di lavoro è il laboratorio: grande, rumoroso, movimentato, dove l’autonomia degli studenti è tutta da costruire e da incoraggiare con conseguenti momenti non strutturati, disorganizzazione, caos!

Ecco allora la mia sfida: vedere il disagio come un evidenziatore dei miei margini di miglioramento più autentici, cioè, lì dove “sto male” posso lavorare per diventare più sicura, più abile, più preparata. Fantastico no?

Nell’audiocorso Partire con il piede giusto i primi giorni di Scuola si parla addirittura di darsi degli appuntamenti con queste situazioni, per sperimentare volontariamente quel disagio, partendo dal più piccolo e cercando di vederlo come un’opportunità di crescita

Questa nuova visuale ha cambiato lo sconforto in stimolo, la paura in sfida, il senso di frustrazione in ricerca di soluzioni, lo spossamento di una giornata dura in domanda interiore positiva: che posso fare la prossima volta?


Ho la soluzione? Ovvio che no, ma i passi vanno in quella direzione.

 

E voi, come vivete il disagio a scuola?

 

Un abbraccio a tutti,

Miriam Paternoster

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Commenti: 2
  • #1

    Massimo Nardi (domenica, 01 novembre 2015 11:41)

    Grazie Miriam, perché è proprio vero quello che scrivi.
    Quello che hai ben descritto - passare dalla pura frustrazione ad un'ipotesi di miglioramento di sé - anche per me comincia ad essere un frutto del nuovo approccio aprire so nei corsi di Metadidattica.
    Passiamo una vita ad insegnare e ci dimentichiamo l'opportunità rappresentata da errori commessi e difficoltà vissute! C'è grande bisogno, in noi e attorno a noi, di questo tipo di approccio umano e professionale.

  • #2

    Alberto De Panfilis (domenica, 01 novembre 2015 11:56)

    Vi ringrazio per queste vostre condivisioni: foraggiano nel midollo il mio impegno! Continuate/continuiamo così... ;)