A caccia di... guai? No, di feedback! (una testimonianza della prof.ssa Claudia)

Secondo giorno di scuola. Classe terza, scuola media; eccola qui la classe che l’anno scorso mi ha fatto urlare come non mai, la classe che ho sognato nei miei incubi per molte notti durante l’estate, la classe che ogni giorno (ogni santo giorno di tutto l’anno) mi ha sfidato appena varcata la soglia.


Cosa mi invento?


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Rimango sulla porta, li invito ad entrare sorridendo, li chiamo per nome scambiando con loro uno sguardo o una battuta. Occhi che riconosco, occhi sfuggenti, alcuni occhi cresciuti e più sicuri, altri che non sono cambiati affatto… Come comincio?

Inizio da un lavoro fatto il penultimo giorno di scuola, prima dell’inizio dell’estate: estraggo dal mio zainetto 24 foglietti gialli, su cui ognuno di loro aveva scritto due cose. La prima: che cosa ti è piaciuto della prof di italiano? La seconda: che cosa invece non ti è piaciuto di lei? Sì, la prof di italiano sono proprio io. Sono andata a caccia di feedback e ho chiesto ai miei alunni di scrivere un pregio e un difetto del mio operato durante tutto l’anno (in forma anonima, tanto poi una prof di italiano sa leggere perfettamente tra le righe..!).

Quello che ne è uscito, al di là delle cose positive che ho apprezzato moltissimo e che ogni tanto (per tirarmi su il morale) mi rileggo, è un insieme di azioni negative che sono state sottolineate da gran parte dei ragazzi  e che si possono raggruppare in tre miei “difetti”, o meglio direi, in tre mie “aree di miglioramento”: ed è da queste che ho deciso di ripartire con loro.

Grido troppo in classe? Lo so, avete ragione, è una cosa che non piace nemmeno a me. Ma cosa possiamo fare insieme per migliorare questo aspetto? Cosa potete fare voi per darmi una mano e fare in modo che questo non succeda? Qui sono entrate in gioco le loro proposte: i ragazzi (anche quelli che di solito mi fanno urlare di più…) hanno espresso le loro idee, ma in questo modo si sono anche presi l’impegno di attuare quello che hanno proposto. Anche per gli altri due “difetti” ci siamo confrontati e abbiamo pensato a come migliorare, creando un patto di reciproco impegno, rendendo la partenza dell’anno scolastico un po’ meno traumatica e un po’ più condivisa.

Fin dal primo minuto di scuola poi mi sono imposta di rallentare i ritmi, di impostare la mia postura in classe in modo ben radicato, e di usare un tono discendente nella mia voce, soprattutto nei momenti in cui ho bisogno di maggiore ascolto e attenzione. Funziona, eccome! Serve però la mia concentrazione e la mia consapevolezza, altrimenti me ne dimentico!

Ora è passato un mese e mezzo da quel giorno e ho contato i giorni in cui sono stata costretta ad urlare in classe: otto giorni. Incredibile, solo otto giorni su un mese e mezzo di scuola. Ottimo? No, direi proprio di no; perché la tensione sta aumentando, perché questi otto giorni si sono concentrati quasi tutti nelle ultime tre settimane con una maggiore intensità in questa settimana, e perché i patti presi sembrano sgretolarsi sotto il peso degli eterni 150 minuti di fila che devo affrontare in quella classe per tre volte in settimana.

Ritengo comunque una vittoria l’aver ridotto i miei “giorni urlanti” ad otto, fino ad ora, quando l’anno scorso ho chiuso il periodo scolastico senza ricordare un solo giorno tranquillo… ma si può fare di più?

Ho deciso di rinfrescare loro la memoria, e rifare adesso quel patto che per le prime settimane di scuola ci ha preservato da arrabbiature e punizioni. Ma c’è una cosa che mi chiedo: quanto potrà durare stavolta, dal momento che la pressione che si crea ad un certo punto ci fa cedere? C’è un modo per ridiscutere il patto preso, senza farlo sembrare una cosa già detta e quindi farlo passare per un esperimento già “fallito”?

La sperimentazione prosegue, sperando di trovare una strategia che porti, se pur lentamente, ad un cambiamento.

 

P.S.:  Mi incuriosisce molto il cambiamento legato all’effetto valanga, e sto cercando di capire, concretamente, come sarebbe possibile applicarlo in questa mia situazione di una classe che fatica ad ascoltare e non riesce a costruire momenti di silenzio, se non imposti. Qualche suggerimento?

 

Claudia Paternoster

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Commenti: 2
  • #1

    khaled (domenica, 25 ottobre 2015 16:36)

    sono insegnante d"italiano in tunisia.vorrei dare il mio parere sull'atteggiamento dei ragazzi in classe.Sembra che in Italia gli sudenti sono più chiassosi dei nostri in Tunisia .Secondo me il loro comportamento dipende del carattere del professore e del tema che si tratti in classe.se sia motivante o no.Apprezzo il dialogo fatto professoressa Claudia che fa sentire gli studenti proagonisti e collaboratori importanti.Per finire un po di serio e di severità servono per stabilire l'ordine in classe

  • #2

    Alberto De Panfilis (lunedì, 26 ottobre 2015 09:25)

    Grazie per il contributo, Khaled!
    Ci fa davvero piacere essere seguiti anche dal tuo Paese! Buon anno e buob lavoro...
    Alberto DP