Non prenderla sul personale!

Una delle dinamiche disfunzionali che riscontro più spesso nei gruppi di lavoro (e sto parlando di adulti!!) è quella che potremmo definire "l'arte di prenderla sul personale". Per vederla anche da un'altra prospettiva, potremmo parlare della tendenza ad interpretare come riferiti a sé tutta una serie di comportamenti altrui, in realtà indipendenti dalla nostra presenza.

Facciamo subito qualche esempio: un Collega non partecipa attivamente ad un progetto? Interpreto il suo atteggiamento come un rifiuto di collaborare con me, magari a causa di un'antipatia provata nei miei confronti o una mancanza di stima nel mio modo di lavorare. Un Alunno non si impegna durante le mie lezioni, a differenza di quelle dei miei Colleghi? Ecco che scatta il pensiero che lo faccia di proposito per farmi innervosire o perché non mi rispetta come figura di riferimento.

 

Potremmo continuare a lungo la lista di esempi, ma ci siamo capiti...

 

Quali sono gli effetti deleteri di questo modo di approcciare alla realtà che ci circonda?

Continua a leggere e scopri i rischi più frequenti e una possibile soluzione al problema...

 

  • Prima di tutto rischiamo di reagire anziché agire: questo aspetto, trattato più volte sul blog, è legato anche al livello di professionalità da noi espresso nelle situazioni più complicate. Reagendo aumentiamo la probabilità di commettere errori dei quali potremmo pentirci, mettendo anche in crisi la percezione di professionalità comunicata ai nostri interlocutori.
  • Un altro effetto poco auspicabile è la perdita di lucidità: quando viviamo sul personale le vicende spiacevoli che ci accadono, per definizione perdiamo oggettività di vedute, facendo quindi fatica a prendere le dovute contromisure strategiche.
  • Come se non bastasse, prendendo sul personale quello che ci accade, attiviamo un circolo vizioso fatto di convinzioni che si autoalimentano: se credo che una persona ce l'ha con me, vedrò tutta una serie di suoi atteggiamenti come manifestazione di questo stato d'animo... non mi saluta? È sicuramente perché non mi sopporta! (Ma potrebbe tranquillamente dipendere dal fatto che non mi ha visto, non mi ha riconosciuto, era di fretta, ci ha ignorato, era in imbarazzo, era soprappensiero, ecc.)
  • Inoltre dobbiamo tener conto del fatto che queste nostre reazioni emotive, rischiano di renderci particolarmente manipolabili: basta che qualcuno intercetti questa nostra tendenza ed il gioco è fatto; gli basterà cavalcare l'ambiguità per metterci "fuori combattimento". Senza pensare poi alla soddisfazione che gli concederemmo...
  • E che dire poi del rischio di iniziare ad alimentare malelingue? Credere che qualcuno voglia danneggiarci aumenta clamorosamente la probabilità di iniziare a parlarne male, il che, lo sappiamo, è quanto di più deleterio e meno elegante esista in un gruppo di lavoro.

 

 

Insomma, appurati tutti questi contro legati al vedere dell'intenzionalità dove (forse) questa non c'è, non ci resta che proporre un possibile rimedio all'intossicazione da "ce l'ha con me!".

Un trucco tanto semplice quanto efficace consiste nel focalizzarsi sulle informazioni: come abbiamo visto in questo articolo, quanto appena proposto consiste nell'osservare e ascoltare soltanto quanto è possibile cogliere con gli occhi e con le orecchie. Azzerare quindi, se possibile, tutte le interpretazioni.

Attenzione, qui non stiamo dicendo di ignorare quanto accade intorno a noi e mettere una pietra sopra quanto ci accade di sgradevole, al contrario! L'invito è quello di aumentare i nostri livelli di attenzione, verso i fatti però!

 

Se un Genitore arriva a colloquio con un atteggiamento che sembra nutrire nei nostri confronti antipatia o qualche altro sgradevole sentimento, cerchiamo di osservarne il comportamento ed ascoltarne con attenzione le parole, senza però andare oltre con interpretazioni potenzialmente equivoche.

Se una Classe non si comporta correttamente con noi, cerchiamo di osservarne al meglio le dinamiche di gruppo e individuali, portiamo avanti un'analisi funzionale dei problemi presenti, attivando i nostri strumenti di problem solving. Stiamo quindi attenti a non cadere nella trama appiccicosa dell'interpretazione.

 

Apparentemente semplice, no? Forse mentre siamo intenti a leggere queste righe il compito può sembrarci fattibile: in effetti lo è, basta esercitare le nostre abilità di osservazione e sviluppare sempre maggiore conoscenza dell'essere umano e della sua psicologia.

 

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