Caterina e la storia che non voleva raccontare (un articolo scritto da Dominga Meloni)

Caterina (è un nome di fantasia) è una mia studentessa di biennio. 

 

Già dalle prime battute dell'anno scolastico si rivela estremamente  presente a se stessa, attenta, con buone capacità di analisi e un'ottima proprietà di linguaggio, che spende, però, in rare occasioni, a meno che non debba intervenire come rappresentante di classe o perché "interrogata".

 

Tra DIP e DAD il trimestre procede a scatti: aperture e chiusure - soprattutto chiusure-  improvvise costringono lei, come tutti gli altri studenti, a un esercizio di resilienza che, in molti casi, va oltre le loro forze, per non parlare delle nostre, in qualità docenti: rimodulazione continua delle modalità di lezione e di verifica, e costante monitoraggio - è un impegno che in molti ci siamo presi-  anche dello stato d'animo dei ragazzi: nella classe di Caterina, in momenti diversi della DAD, cinque studenti si scoprono positivi,  ma collegandosi ogni giorno, riescono a non perdere una battuta; qualcun altro si sente prigioniero in casa e volentieri fuggirebbe dalla DAD e da situazioni complesse. Anche solo il mio costante "Come state?" a inizio lezione, cui spesso la risposta è il librarsi delle mani, come a dire "così così, prof", mi fa capire che non tira una bell'aria, né per loro, né per noi docenti. Ma tant'è: the show must go on e altro non ci è dato di fare.

Nei primi mesi del nuovo anno, registro in due diverse verifiche di storia valutazioni negative per Caterina. Niente di disastroso e irreparabile, ma anche niente che si avvicini anche lontanamente ai suoi standard di performance scolastica, piuttosto alti al trimestre. "È in gamba", penso " ha solo perso mordente. Sarà stanca, si riprenderà". Conto di parlarle, ma il tempo scorre tra mille impegni e, lo ammetto, Caterina non finisce proprio in cima ai pensieri, perché confido troppo nella sua autonomia e capacità di riprendersi. 

Troppo, appunto.

 

Il colloquio con la famiglia - prontamente prenotato dai genitori allo scattare della seconda insufficienza- condotto da me, come sempre, attraverso i preziosi strumenti del dialogo strategico (domande ad alternativa di risposta, parafrasi, analogie ecc.. ecc.) mi dà la percezione della difficoltà non solo della studentessa, ma anche della famiglia stessa, che non riesce a capire come mai, a fronte delle numerose ore di studio, Caterina viaggi con il freno a mano tirato e, in qualche caso, sia ferma "in area di sosta", come dimostrano le due insufficienze riportate.

 

Capisco che è arrivato il momento di parlarle e lo faccio  in una videocall privata di 20 minuti. 

Indago un po', servendomi ancora del dialogo strategico: Caterina  mi racconta i suoi lunghi pomeriggi sui libri, mi mostra quaderni pieni di appunti e riassunti e da lì emerge che il problema non è la voglia di studiare o l'impegno, ma il suo metodo di studio che, se al trimestre le ha garantito comunque successi - con l'entusiasmo del primo anno di scuola superiore e le energie fresche di settembre tutto si può affrontare- con il nuovo anno, la mole di lavoro aumentata e la DAD, che non sempre infiamma le passioni adolescenziali, non è proprio vincente, perché troppo dispendioso: i suoi "schemi di storia" - così li chiama- hanno un numero di pagine superiore a quelle dei capitoli di storia del manuale (e per fortuna che si tratta di schemi!) e, nella foga di assimilare tutto, Caterina non sempre riesce a selezionare quello che è importante.

 

Non le chiedo di stravolgere il suo metodo - in fondo  le ha garantito successi anche nelle altre materie-  tuttavia le chiedo solo di rileggere il suo schema, una volta completato, e di cominciare a evidenziare in rosso tutto quello che non è davvero fondamentale sapere: questo esercizio mi è involontariamente suggerito da Caterina, che mi racconta di come, spesso, completato questo immenso lavoro di sistematizzazione delle informazioni,  si renda conto che molte cose che ha scritto in realtà  non servono, ma, afferma anche che, chissà perché, si ostina a studiarle.

 

Decido di lasciar passare un mesetto, ma nel frattempo chiedo feedback sull'esercizio, ispirato allo stratagemma "navigare il mare all'insaputa del cielo": Caterina mi risponde che va molto meglio, che lo ha applicato anche ad altre materie e che si sente molto più sicura: infatti anche in storia, alle verifiche successive, gradualmente, raggiunge risultati decisamente più soddisfacenti. 

Al termine della sua ultima interrogazione, tre giorni fa, mi sento più serena anch'io e "Finalmente", penso, "Caterina ha ritrovato la voglia di raccontarmi la "sua storia"!


Protocolli di Coaching (12 ore)

Puoi usare la tua Carta del Docente
Puoi usare la tua Carta del Docente

Scrivi commento

Commenti: 1
  • #1

    Miriam Cinzia Pecoraro (domenica, 30 maggio 2021 11:58)

    Ringrazio di cuore per l'articolo e la condivisione della propria esperienza. Stimolo e spunto di soluzioni anche per me. Ho avuto modo di conoscere Dominga durante un bellissimo incontro di formazione di Metadidattica a Bologna e già in quell'occasione il dialogo e il confronto mi era stato molto utile per riflettere su alcuni nodi professionali e sopratutto personali che avevo incontrato. Un grande grazie!!!