La resilienza emotiva si può (e si dovrebbe) allenare

Ultimamente si sente molto parlare (e scrivere) di resilienza: questa è una caratteristica mentale ed emotiva che caratterizza quelle persone in grado di fronteggiare in modo funzionale difficoltà e stress.

In sostanza dopo un urto si è in grado di tornare alla propria "forma" originaria.

 

Una qualità decisamente utile per chi vive ogni giorno inserito in un contesto "pirotecnico" come quello scolastico!

 

Ma cosa accade invece quando non ci prendiamo cura di questo aspetto del nostro bagaglio emotivo?

Durante i miei corsi, quando suggerisco strategie pratiche per acquisire maggiore resilienza (in classe e, più in generale, nella vita), sono solito specificare che essere o meno resilienti NON è tutta questione di carattere.

Purtroppo molto spesso ci scoraggiamo proprio a causa di questa falsa credenza, alzando le mani di fronte ad un destino inclemente. Godere di un buon equilibrio emotivo e contare su una buona resilienza è invece una condizione che possiamo (e dovremmo) allenare.

 

Essere resilienti significa, fra le altre cose, non prendere sul personale ciò che ci accade: se ad esempio ricevo una delusione da una Collega (e già qui dovremmo riflettere sull'uso della linguistica), potrò approcciarla il giorno dopo in modo "equilibrato e leggero". Ma cosa vuol dire?

 

Arriviamoci partendo da un atteggiamento non resiliente: mi scontro con un Collega, provando per esempio rabbia o tristezza. La cosa mi porta a reagire (subito o nei giorni successivi) con una delle tre "F" che conosciamo...

  1. Freezing (mi blocco): l'indomani, quando mi troverò di fronte alla persona con la quale ho avuto il diverbio, mi sentirò impacciato, tesoindeciso su come comportarmi.
  2. Flying (evito): tenterò di non avere a che fare con quella persona.
  3. Fighting (aggredisco): nel relazionarmi con il Collega mi sentirò (e spesso anche mostrerò) risentito e seccato.

L'aspetto interessante che mi capita di notare è che queste reazioni sono spesso parte di nostre tentate soluzioni, più o meno consapevoli: ricordiamo che le tentate soluzioni consistono in ciò che facciamo con le migliori intenzioni, ma che sortisce gli effetti peggiori (Oscar Wilde).

 

Quando ci raccontiamo di voler essere "diplomatici", stando zitti davanti ad un confronto e senza esprimere quello che davvero pensiamo, potremmo in realtà essere in freezing.

Quando invece ci vogliamo mostrare indifferenti alla cosa, la reazione sarebbe il flying. Lo stesso vale per il "ci passo sopra, sono superiore".

Ancora, quando vogliamo mostrarci duri e risoluti, dicendo a tutti i costi le cose come stanno (perché "quando ci vuole, ci vuole"), la reazione predominante è invece il fighting.

 

Allenare la nostra resilienza vuol dire riuscire ad agire, anziché reagire: scegliere la via più funzionale in quel momento.

Quando le persone attorno a noi ci percepiranno più resilienti (quindi non distaccati, né indifferenti, né "superiori", né aggressivi), finiranno anche per tenere più in considerazione le nostre indicazioni ed il nostro ruolo. Avremo così compiuto un ulteriore interessante passo verso la nostra leadership naturale.

 

Esistono modi specifici per allenarci in tal senso, strategie da sperimentare e personalizzare: se ti interessa conoscerle, clicca qui...

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