Voglio il voto, ma lo temo! Come approcciare alcune difficoltà generate dalla valutazione.

Valutazione, valutazione... tu sì che ci fai penare!


Si sa, valutare non è mai affar semplice, tanto meno quando oggetto della nostra valutazione sono quegli Studenti che hanno un rapporto di amore e odio nei confronti del voto (e del giudizio in senso ampio).

Smanio per sapere cosa ne pensi di me, ma il tuo giudizio mi fa molta paura e mi tiene in scacco...


Cosa possiamo fare di fronte a questi casi?

L'obiettivo sarebbe quello di passare dalla valutazione all'autovalutazione, rendendo lo Studente progressivamente più autonomo, dal punto di vista didattico e soprattutto dal punto di vista emotivo.

 

Ovviamente non sarebbe pensabile dire ad un bambino/ragazzo che ci richiede continue conferme: "È giunto il momento che tu possa valutarti da solo, Marco. Perciò adesso non ti do alcun voto e ti chiedo cosa ne pensi tu del tuo lavoro.".

E non avrebbe senso neanche spiegare all'Alunno che non dovrebbe dare così tanto peso al giudizio che gli altri hanno di lui e bla, bla, bla... (sarebbero tutte parole sprecate e disfunzionali; ricorda le tre tipologie di cambiamento: così facendo punteremmo ad un cambiamento di tipo lineare, che con le "questioni emotive" non riesce a sortire alcun effetto).

 

In questo caso è necessario approcciare con gradualità la questione, seguendo nel corso di alcune settimane (dalle sei alle otto) il seguente processo:

  1. PRIMA IO, POI TU: dopo averti valutato, ti chiedo cosa pensi del tuo elaborato (se ti ho dato un voto, ti chiedo quale voto ti saresti dato);
  2. IO E TE INSIEME: al momento della valutazione ti propongo di scrivere su un foglio quello che pensi del tuo elaborato/prova, contemporaneamente faccio lo stesso con il mio parere. Ad un bambino lo proporrei come un gioco, ad un ragazzo più grande come un'attività didattica che ho voglia di sperimentare (con tutti!).
  3. PRIMA TU, POI IO: ti dico quello che penso dopo aver ascoltato il tuo parere; non userei il ricatto emotivo "Te lo dirò dopo che me l'avrai detto tu", ma chiederei serenamente allo Studente un suo giudizio: se stenterà a darmelo non insisterò, ma tornerò al punto precedente.
  4. TU, POI (FORSE) IO: ogni tanto, dopo l'autovalutazione, posso anche evitare di dare la mia. Posso anche prevedere attività esclusivamente autovalutative.

Questa sequenza ha lo scopo di sfruttare un meccanismo già in essere, cioè la tendenza dello Studente a richiedere un voto, per innescare una nuova dinamica, quella autovalutativa.


A questo tema si legano due aspetti cruciali dell'equilibrio emotivo del ragazzo/bambino. Il primo riguarda i suoi bisogni emotivi: se la richiesta di giudizio non è semplice interesse a conoscere i propri punti di forza e di debolezza (per consolidare i primi e migliorare i secondi), ma un modo di soddisfare con la propria richiesta uno dei quattro bisogni emotivi di base, dare il nostro giudizio rischia di alimentare questa necessità.

Il secondo aspetto è legato invece al modello del CAP: se ricevere un giudizio rappresenta per lo Studente un'esperienza molto fuori dalla propria zona di comfort, lo porterà a reagire con una delle tre F. In questo caso è opportuno lavorare con il ragazzo per far sì che la sua zona di comfort possa espandersi (acquisendo quindi l'abilità di chiedere e ricevere feedback).


Mi farebbe piacere avere un riscontro da parte di chi ha in classe studenti con difficoltà simili: se ti va, sperimenta anche tu e fammi sapere se e come questa strategia porterà risultati.


Sono altrettanto curioso di conoscere altri approcci a questa difficoltà.


Buona sperimentazione...

Corso accreditato MIUR sulla Valutazione Strategica (6 ore in presenza)
Corso accreditato MIUR sulla Valutazione Strategica (6 ore in presenza)

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Commenti: 1
  • #1

    daniela (lunedì, 29 maggio 2017 20:46)

    E' vero..i bambini sanno essere molto critici e vedere senza veli le difficoltà ma anche i punti di forza propri ...condividere le valutazioni e parlarne dovrebbe dare uno stimolo alla crescita e ad eliminare la paura del voto...soprattutto far capire che loro non sono un numero ma che quella cifra esprime solo un modo di quantificare uno degli aspetti della crescita della loro competenza.crescere insieme. Bella sfida.