La forza delle convinzioni

 

 

 

"Di solito siamo meglio convinti dalle ragioni che troviamo da noi stessi, che da quelle che ci provengono dagli altri" - Blaise Pascal

 

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Commenti: 5
  • #1

    Vania (mercoledì, 16 maggio 2012 00:16)

    Se è vero che le ragioni che troviamo da noi stessi ci convincono con maggior determinazione, mi chiedo come mai ci sono genitori che non credono a ciò che noi affermiamo e anzi sono così diffidenti da mettere in dubbio le nostre capacità di insegnamento o meglio la nostra professionalità di insegnanti? Eppure trovare delle ragioni, a mio parere non equivale a tacere!In qualità di maestra di sc.primaria, sono sempre pronta ad ascoltare le ragioni degli altri,genitori e colleghi, ed eventualmente giudicare i miei attegiamenti e correggermi se ce ne fosse bisogno. Pecco di presunzione in ciò che ho scritto? Non penso e comunque a volte ci si sente delusi da giudizi che non creano rapporti di collaborazione ma che sono oppositivi a priori.

  • #2

    Alberto (mercoledì, 16 maggio 2012 12:50)

    Ciao Vania! Grazie per la tua riflessione/domanda, la trovo interessante e mi dà la possibilità di precisare quello che penso in merito alla "citazione" di Pascal...

    La risposta alla tua domanda (o meglio, il mio punto di vista rispetto alla tua domanda) è contenuta nel tuo stesso messaggio, precisamente tra la fine della terza riga e l'inizio della quarta.
    In qualsiasi relazione, quando la dinamica comunicativa si predispone in modo "oppositivo", il fatto stesso che "noi affermiamo" qualcosa predispone l'altra persona a contraddire quello che gli vogliamo far capire.
    Sia chiaro: nel ruolo dell'insegnante è compresa la responsabilità di riferire ai genitori i risultati raggiunti (o non ancora raggiunti dal figlio) e fare in modo che si stabilisca una proficua collaborazione tra chi educa il ragazzo a casa e chi lo fa ogni mattina a scuola.
    Il problema (parlo di problema non perché ci troviamo sempre di fronte a situazioni complicate, ma perché quelle a cui facciamo riferimento in questa mail sono proprio quelle più complesse) è che la probabilità di far comprendere DIRETTAMENTE il nostro punto di vista all'altro, durante uno "scontro dialettico", è davvero bassa.
    Diverso è invece riuscire a condurre la persona stessa a maturare il nostro punto di vista, COME SE FOSSE IL SUO!
    Per ottenere proprio questo risultato, una buona strategia comunicativa risiede nelle DOMANDE... ti faccio un esempio: immaginiamo di avere di fronte un genitore che non accetta il tuo modo di rimproverare il figlio quando non svolge i compiti a casa.

    (...continua nel commento successivo)

  • #3

    Alberto (mercoledì, 16 maggio 2012 12:51)

    (...continua dal commento precedente)

    Da un lato potresti approcciare la cosa nella maniera tradizionale, partendo direttamente dalle tue (sacrosante!!) ragioni: "Vede signora, il mio ruolo come maestra di suo figlio è fare in modo che in lui possano crescere non solo le competenze e le capacità che gli saranno preziose, ma anche il senso di responsabilità nei confronti dei primi doveri".

    Oppure potresti scegliere di "far arrivare" la mamma del bimbo a SCEGLIERE di collaborare con te: "Signora, mi rendo conto del fatto che si sente preoccupata per suo figlio e la cosa mi dispiace. Proprio per questo, mi permetta di porle una domanda: per suo figlio, per il suo sviluppo e poi di riflesso anche per la sua tranquillità di mamma, crede che sia meglio avere un'insegnante che si limiti ad ignorare il fatto che il bambino non ha svolto i compiti a casa e rimandi tutto al colloquio che avrà con il genitore soltanto una volta al mese, oppure pensa sia meglio una maestra che segue quotidianamente i progressi del bambino, apprezzi le sue conquiste e che voglia assumersi la responsabilità di fargli presente gli aspetti da migliorare?"

    La differenza tra le due modalità non sta nei toni, nell'educazione o nel tatto; bensì quello che permette alla seconda soluzione di funzionare meglio è il fatto che la SCELTA (direi illusoria, ma a fin di bene) ricade sul genitore stesso. Passo dopo passo e domanda dopo domanda (con moderazione ed equilibrio, ovviamente) si co-costruirà un accordo stipulato con chi, prima, aveva come obiettivo quello di contestare il nostro modo... contestarlo perché NOSTRO, non perché non valido.

    Mi auguro di essermi spiegato… ci sarebbero tanti altri fattori da tenere in considerazione: mi impegno a trattarli uno per volta, nel tempo. Comunque so già che all'inizio del prossimo anno scolastico riusciremo ad approfondire gli aspetti più importanti durante il corso di aggiornamento nella tua scuola! ;)

  • #4

    vania (venerdì, 18 maggio 2012 00:20)

    sicuramente il fatto di far ricadere sulla mamma la scelta è la strada migliore ...ma è una persona con pregiudizi non solo verso la mia persona quanto sulla scuola in generale, sulle regole...cmq farò tesoro dei tuoi insegnamenti e consigli e mi preparo per il prossimo anno, intanto spalle... cuore...lingua...gambe!

  • #5

    rosa (mercoledì, 17 ottobre 2012 16:38)

    Dire a un genitore qualcosa che corrisponde al vero (es.carenze scolastiche nel figlio)non è la stessa cosa che creare consapevolezza in quel genitore di quella verità...
    La seconda strategia si gioca non solo sul piano verbale, su tempi medio lunghi e solitamente per gradi, ma non fallisce mai; la prima è più rischiosa : potrebbe andare a buon fine come anche no. Ci vorrebbero esempi, ma credo di essermi spiegata. Grazie per questi confronti.